La codifica del tempo nei neuroni ippocampali

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XX – 28 gennaio 2023.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Illustrando le differenze tra la teoria della selezione dei gruppi neuronici di Gerald Edelman e la propria visione della fisiologia cerebrale, il nostro presidente ha raccontato di quando da studente chiese se i neuroni piramidali dell’ippocampo implicati nella memoria episodica autobiografica fossero gli stessi che codificano la memoria spaziale. Non ebbe risposta: il professore non lo sapeva e, a quel tempo, le nozioni per dedurre i rapporti tra funzione cellulare e funzioni delle reti erano decisamente insufficienti. Leggendo i lavori scientifici che si pubblicavano sull’ippocampo sembrava evidente che in questa piccola formazione anatomica, preziosa per la memoria e l’apprendimento, si codificasse il tempo. L’idea non era affatto scontata, nemmeno tra i ricercatori del campo, perché era diffusa la convinzione che la temporizzazione fosse in parte un automatismo delle strutture biologiche più elementari e in parte un epifenomeno dell’organizzazione funzionale del sistema nervoso centrale. Per certo si dava solo il potenziamento sinaptico di lunga durata o LTP (long term potentiation) scoperto da Bliss e Lomø già nel 1973[1], anche se in tutti gli anni trascorsi da allora si erano accertate tante particolarità e differenze nel fenomeno. Ad esempio, si era rilevato che nelle fibre muscoidi si ha LTP per un processo non associativo, mentre nella via Collaterale di Schaffer è un processo associativo a produrre LTP; e si conosceva anche il fenomeno opposto, costituito dalla depressione sinaptica di lunga durata o LTD (long term depression) dipendente dall’attività.

Attualmente, il funzionare come place cells dei neuroni dell’ippocampo si può racchiudere in questa sintesi:

“Le informazioni spaziali codificate dalle grid cells, secondo il criterio della griglia nella corteccia entorinale mediale, sono poi convogliate all’ippocampo dove sono elaborate nella chiave di singole rappresentazioni spaziali corrispondenti all’attivazione delle cellule di luogo.

Ogni dato ambiente, per gli animali studiati e presumibilmente per la nostra specie, trova corrispondenza in una particolare configurazione di attività della specifica popolazione di cellule ippocampali, ossia è rappresentato in un firing pattern che, una volta costituito, è stabilmente conservato. Come? Questo problema di memoria ha impegnato a lungo i ricercatori: poiché le cellule di luogo o place cells non sono altro che i neuroni piramidali sui quali da decenni si studia il potenziamento di lungo termine (LTP), la principale base cellulare della memoria che si conosca, si è ipotizzato un ruolo dell’LTP nella conservazione della memoria della configurazione di attività corrispondente all’ambiente”[2].

Ma è evidente che il percorrere e perlustrare un ambiente in modo efficace dipende da una corretta traccia mnemonica della successione temporale dei luoghi dello spazio: senza una precisa sequenza nel tempo non è possibile la ricostruzione mentale della configurazione dell’ambiente. Ancora più evidente è l’importanza della sequenza temporale per il conferimento di senso alla memoria autobiografica. Basti pensare a quando, non riuscendo a collocare esattamente nel tempo un ricordo, impieghiamo un ragionamento per la ricostruzione cronologica, basandoci su riferimenti certi, del prima e del dopo.

Nell’ippocampo sono stati identificati neuroni la cui attività sembra specificare sequenze temporali e, per questo, convenzionalmente le si chiama cellule del tempo (time cells) ma fino ad oggi non è stato stabilito se la loro attività rappresenti l’esperienza dipendente dal contesto oppure il tempo in sé e per sé.

David B. Omer, Liora Las e Nachum Ulanovsky, studiando i neuroni della regione CA1 dell’ippocampo di pipistrello per dirimere questo dubbio, hanno fatto un’interessante scoperta.

(Omer D. B., et al., Contextual and pure time coding for self and other in the hippocampus. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-022-01226-y, December 30, 2022).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Brain Sciences, Weizmann Institute of Science, Rehovot (Israele); Edmond and Lily Safra Center for Brain Sciences, Hebrew University of Jerusalem, Jerusalem (Israele).

Le peculiarità dell’ippocampo sono numerose e, generalmente, in fisiologia si evidenziano paragonando le differenze al livello cellulare tra i processi di memoria corticale e i processi di memoria ippocampale. Ad esempio, la working memory dipende da un’attività neurale persistente nella corteccia prefrontale, mentre la memoria esplicita dei mammiferi richiede varie forme di LTP nell’ippocampo.

La memoria spaziale dipende dal processo di LTP delle sinapsi ippocampali; infatti, un gran numero di approcci sperimentali diversi ha dimostrato che l’inibizione del potenziamento a lungo termine interferisce con la memoria spaziale. Numerosi esperimenti sulle basi della memoria spaziale, condotti utilizzando il paradigma del Morris water maze, hanno dimostrato che l’apprendimento spaziale richiede i recettori NMDA del glutammato necessari per lo sviluppo di LTP. Prove più dirette sono venute da topi mutanti con mutazioni che interferiscono con lo sviluppo del potenziamento sinaptico. Numerosi altri esperimenti hanno dimostrato che una vasta gamma di manipolazioni farmacologiche e genetiche che alterano lo sviluppo di LTP sono associate ad alterazioni dell’apprendimento spaziale e della memoria spaziale.

La mappa spaziale del mondo esterno, attraverso la mappatura dell’ambiente occupato e percorso da una persona o da un animale, è sviluppata nell’ippocampo – come abbiamo ricordato prima – dalle cellule di luogo, che sono gli stessi neuroni piramidali capaci di LTP, dunque è stato valutato sperimentalmente il ruolo del potenziamento a lungo termine nella formazione e nella conservazione della mappa. Un’articolata sperimentazione, che inizialmente aveva rilevato – a sorpresa – che nei topi privi della subunità NR1 degli NMDA e dunque privi di LTP i neuroni scaricavano ugualmente nei campi di luogo, si è infine accertato che il tardo LTP non è necessario per la formazione dei campi di luogo, ma per la loro stabilizzazione a lungo termine.

Un altro aspetto della fisiologia dell’ippocampo è stato accuratamente indagato: un’efficace conservazione e rievocazione della memoria esplicita richiede la capacità di distinguere tra due immagini, episodi o forme spaziali molto simili; tale funzione è detta pattern separation. La memoria esplicita può anche usare tracce frammentarie e stimoli parziali per recuperare ricordi riempiendo i vuoti di un’impronta mnemonica basata sulla conoscenza; tale funzione è detta pattern completion. La sperimentazione ha dimostrato che queste due funzioni sono svolte da differenti sub-regioni dell’ippocampo.

David B. Omer, Liora Las e Nachum Ulanovsky si sono chiesti se le cellule del tempo ippocampali codificano il tempo in assoluto o rappresentano la temporalità relativa dell’esperienza dipendente dal contesto. A questo fine hanno studiato nella regione CA1 dell’ippocampo di pipistrello le cellule del tempo.

I chirotteri, che si ritiene derivino da un carnivoro miacide del tardo Paleocene, hanno un cervello caratterizzato da peculiarità che lo distinguono dall’encefalo dei roditori di laboratorio, e ancor più da quello dei primati, come le grandi dimensioni del claustro con le sue ripartizioni interne e del nucleo endopiriforme dorsale, particolarmente evidenti in Carollia perspicillata. Tuttavia, non si registrano differenze sostanziali per ciò che concerne i rapporti tra anatomia e fisiologia, e dunque si sfruttano i vantaggi offerti dai neuroni di pipistrello per lo studio dei ruoli funzionali delle regioni dell’ippocampo.

Nella regione CA1 dell’ippocampo di pipistrello, i tre ricercatori hanno rilevato con sorpresa che i neuroni piramidali formano due distinte popolazioni funzionali.

La prima popolazione di cellule del tempo generava differenti sequenze temporali quando il pipistrello si fermava appeso in differenti localizzazioni, in tal modo codificando in maniera congiunta il contesto spaziale e il tempo in cui si era verificato il comportamento. I tre ricercatori hanno denominato questa popolazione neuronica contextual time cells.

La seconda popolazione mostrava tempi preferiti simili attraverso contesti spaziali diversi e, senza alcun dubbio, codificava esclusivamente il tempo trascorso: pure time cells.

David B. Omer, Liora Las e Nachum Ulanovsky hanno esaminato le risposte neurali della regione CA1 dell’ippocampo dopo il momento di atterraggio di un altro pipistrello, in un “compito sociale di imitazione”: hanno rilevato che le cellule del tempo che codificavano le sequenze temporali nella regione CA1 dell’ippocampo del pipistrello fermo, si allineavano a quelle dell’altro pipistrello che atterrava.

Gli autori propongono la seguente interpretazione: queste diverse codifiche del tempo possono supportare la percezione degli intervalli temporali, la memoria episodica e la coordinazione temporale tra sé e gli altri.

Anche se questi risultati dovranno essere confermati o smentiti dalla ricerca sui roditori, presentano intanto l’evidenza di una specializzazione funzionale nella codifica ippocampale del tempo del tutto inedita.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-28 gennaio 2023

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Si ricorda che il potenziamento a lungo termine (LTP) è entrato nei manuali didattici e nell’insegnamento universitario solo a metà degli anni Ottanta e, solo quando gli studi sugli NMDA hanno stabilito con precisione la sua base molecolare, è stato accettato da tutti i neurobiologi come correlato della memoria cellulare neuronica.

[2] Note e Notizie 28-11-15 Una lezione sulla memoria dai coniugi Moser insigniti del Nobel nel 2014. Si vedano anche: Note e Notizie 26-03-22 Eccezionale invenzione dei coniugi Moser già insigniti del Nobel; Note e Notizie 03-12-22 Come gli animali usano le mappe spaziali per trovare il cibo.